La Storia del museo

Il Civico Museo Morpurgo ha sede in quello che fu l’appartamento di una ricca famiglia della borghesia imprenditoriale triestina dell’800 ed è dunque caratterizzato come dimora storica. L’appartamento, situato al II piano dell’edificio eretto su progetto del 1875 dell’architetto Giovanni Berlam, fu donato nel 1941 al Comune di Trieste, per volontà testamentaria di Mario Morpurgo de Nilma, insieme alle collezioni d’arte, a tutto il mobilio e l’arredamento. Nel medesimo lascito fu stabilito che la rendita della sostanza, che, tra l’azienda agricola di Sant’Andrea di Pasiano, il palazzo Morpurgo, depositi bancari, titoli e obbligazioni, ammontava a 279 milioni, fosse destinata a creare un fondo intangibile con il nome Mario Morpurgo de Nilma. Nel 1947 fu quindi costituita, in persona giuridica come Ente Morale con sede in Trieste (via Imbriani 5), la Fondazione che presta tuttora la sua nobile opera. Scopo della fondazione, come prescritto dalle volontà testamentarie, è quello di soccorrere persone indigenti, con preferenza per quelle decadute, nate e residenti a Trieste.

Negli stessi anni l’appartamento del secondo piano con quasi intatto il suo mobilio divenne Civico Museo Morpurgo e nel 1950 quello al primo fu adibito a Museo del Risorgimento e a quello di Storia Patria. Nel 1952 divenne sede della Collezione Stavropulos e dal 1991 sede provvisoria del Civico Museo Teatrale “C. Schmidl”.

Considerata l’origine ebraica del barone il lascito fu di fondamentale importanza per salvaguardare, sebbene non completamente, la casa dagli espropri previsti dalle leggi razziali. Infatti, grazie al suo status di museo, si potè impedire in larga misura la razzia di opere e mobilio anche se alcuni arredi, suppellettili, quadri e stampe furono comunque requisiti e mai restituiti dalle autorità tedesche di occupazione. La collezione è oggi distribuita tra i Musei Civici di Storia e Arte, tra cui la dimora stessa, che così diventa un prezioso esempio di casa borghese arredata con sfarzo principesco, tipico del gusto del secondo Ottocento.

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